TDOR 2023 – Intervento nelle piazze

20 Novembre 2023

Siamo l’Osservatorio Nazionale di Non una di meno che l’8 di ogni mese aggiorna il monitoraggio su femminicidi, lesbicidi, transcidi, infanticidi, suicidi di stato e dell’odiosociale, puttanocidi. La violenza di genere non è una emergenza ma è strutturale a questo sistema patriarcale e capitalista basato su gerarchie, potere e dominio. Gli stessi agiti della violenza […]

IL CASO GIUDIZIARIO DI BRESCIA E L’IN/GIUSTIZIA PATRIARCALE

8 Novembre 2023

SORELLA IO TI CREDO”: non è uno slogan di Non Una Di Meno né un cieco atto di fede, ma nasce dalla consapevolezza di quanto le parole delle donne siano travisate, svalutate e attribuite alla “femminile” tendenza ad esagerare, anche quando si rivolgono ai tribunali per avere giustizia, denunciando ogni tipo di violenza maschile di natura fisica e psicologica; violenze che spesso coinvolgono anche i loro figlie/figli. 

A dimostrazione di questo è esemplare il recente caso giudiziario, con risonanza nazionale, relativo alla denuncia per violenza domestica di una donna bengalese nei confronti del suo ex-marito in provincia di Brescia.

Riportiamo quindi le parole della giovane che, nel 2019, ha trovato il coraggio di denunciare gli abusi del marito, e che così ha commentato la prima proposta di assoluzione per l’uomo proposta dal PM: “Dov’è la giustizia e la protezione tanto invocata per le donne, tra l’altro incoraggiate a denunciare al primo schiaffo? Oppure il fatto che io sia una bengalese tra tante, mi rende di meno valore davanti a questo PM?”, aggiungendo “Sono stata trattata da schiava, picchiata, umiliata. Costretta al totale annullamento con la costante minaccia di essere portata definitivamente in Bangladesh”. Inoltre l’ex-marito le ha imposto di abbandonare gli studi dopo la prima gravidanza, costringendola a vivere segregata in casa.

Un mese fa il pubblico ministero, suscitando la disapprovazione generale e conquistando l’interesse dei media, aveva chiesto l’assoluzione dell’uomo perché “i presunti maltrattamenti erano il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge». Il 17 ottobre il tribunale di Brescia ha accolto la richiesta di assoluzione del PM Antonio Bassolino, e scagionato l’uomo di origini bengalesi Hasan MD Imrul dall’accusa di maltrattamenti sulla moglie con la formula “ il fatto non sussiste”. È stato infatti lo stesso PM a depositare una memoria, spiegando che «esaminati gli atti, (il pm) rivaluta la precedente richiesta e la riformula chiedendo l’assoluzione perché il fatto non sussiste, poiché il reato di maltrattamenti contestato difetta del requisito dell’abitualità». Quindi, per la legge o per i suoi interpreti, se la violenza non e’ abituale, non e’ tale: le denunce della donna e della sua legale sono parole al vento non corrispondenti a fatti reali. Infatti, alla notizia dell’assoluzione, l’avvocata Valeria Guerrisi, difensora della donna, ha dichiarato “Ancora violenza senza tutela. Le donne maltrattate non denunceranno più.”

Se la prima proposta di assoluzione del PM ha fatto scalpore per la sua indifendibilità, l’assoluzione perché “il fatto non sussiste” non ha suscitato clamore mediatico, ma è stata considerata “a norma di legge” e si è tradotta in scarsa credibilità della donna e di debole fondatezza delle sue denunce. Sappiamo essere pratica comune, dentro e fuori i tribunali, quella di mettere sotto accusa le donne vittime di violenza, oltre a non dar loro né voce né giustizia né tanto meno credibilità. Altre volte la donna che denuncia non solo non ottiene giustizia, ma finisce sotto accusa.

Sia nella prima che nella seconda richiesta del pm, è chiara la poca considerazione della gravità del caso: il dolore e le violenze subite dalle donne, come la loro impossibilità di autodeterminarsi, sono questioni da archiviare, di poco conto. Secondo i dati ISTAT in Italia 8 donne su 10 non denunciano la violenza di genere; l’Agenzia Europea dei Diritti Fondamentali ci dice che solo il 14% delle donne denunciano gravi aggressioni da parte del proprio partner. Quando le donne trovano il coraggio di denunciare episodi di violenza di genere, più di un quarto di queste denunce vengono archiviate e solo il 10% degli abusanti riceve una condanna. Sempre l’ISTAT ci consegna questo dato: il 24,7% delle donne ha subìto almeno una violenza fisica o sessuale da parte di uomini non partner; il 13,2% da estranei e il 13% da persone conosciute.

La Corte europea dei diritti dell’uomo ha sanzionato innumerevoli volte l’Italia “per il suo perseverare nella gestione dei processi in modo apertamente patriarcale”. Citando la sentenza del 27 maggio 2021: “E’ essenziale che le autorità giudiziarie evitino di riprodurre stereotipi sessisti nelle decisioni giudiziarie, di minimizzare la violenza di genere e di esporre le donne a una vittimizzazione secondaria utilizzando affermazioni colpevolizzanti e moralizzatrici atte a scoraggiare la fiducia delle vittime nella giustizia”. In maniera inequivocabile la sentenza denuncia che “le donne dovrebbero poter contare su un sistema giudiziario libero da miti e stereotipi, e su una magistratura la cui imparzialità non sia compromessa da questi presupposti di parte”, sottolineando che “l’eliminazione degli stereotipi giudiziari nel sistema giudiziario è un passo cruciale per assicurare uguaglianza e giustizia per le vittime”.

Il sistema giuridico patriarcale proprio dell’Italia dimostra la mancanza di distinzione giuridica tra liti familiari (un contesto tra pari) e violenza domestica (in un continuativo contesto di sopraffazione): regna una profonda ignoranza sulle dinamiche di potere nei rapporti di genere, corroborata da una cultura giuridica costruita per salvaguardare i privilegi maschili. Esiste quindi una grande difficoltà nel riconoscere, anche da parte delle istituzioni giudiziarie, la gerarchia di genere (l’uomo comanda e decide, la donna ubbidisce e sopporta) e dei ruoli stereotipati nell’ambito familiare (ad esempio gli uomini lavorano e guadagnano, le donne stanno a casa con i figli), che per quanto possano intendersi ormai obsoleti nella realtà sociale, sono propri della struttura di potere patriarcale. 

Gerarchia di genere e Ruoli stereotipati sono condizioni preliminari, normalizzate culturalmente, e sostrato identitario della violenza visibile (lesioni, violenze e femminicidi). Si tratta di chiavi di lettura che definiscono la relazione tra i sessi, introiettate culturalmente da uomini e donne appartenenti ad ogni ambito sociale, professionale e geografico, a tal punto da portarci a ritenere che le limitazioni della libertà della donna (ad esempio la sua libertà ad autodeterminarsi e rendersi indipendente economicamente), e le umiliazioni cui è costretta, siano un fatto “naturale” e quindi che non necessitino di approfondimento. Questo avviene quando per normali liti familiari si intendono quelle generate dal potere di un uomo nello stabilire le regole comportamentali esplicite o meno alle quali la donna è costretta, poiché si ritiene normale che questa rinunci ad ogni aspirazione di libertà quando fa scelte in contrasto con la volontà maschile, e funzionali al proprio benessere. L’effetto devastante di questa inconscia e millenaria abitudine culturale, costruita su un impianto giuridico volto a difendere sempre il potere patriarcale, porta a sentenze come quella citata inizialmente: lo Stato non riconosce l’emergenza, il dolore e la violenza quando queste vengono agite nel perimetro delle relazioni familiari, perpetrando l’oppressione sistemica da cui le persone socialmente femminilizzate cercano di liberarsi rivolgendosi all’unico organo istituzionale che dovrebbe aiutarl3 a farlo. Ma questo non succede, anzi la tendenza è quella di minimizzare, archiviare e assolvere i maltrattanti.

Quando la discriminazione di genere viene espressa attraverso una sentenza emessa in nome dello stato, questa discriminazione si traduce in un ordine legittimo (anche se ingiusto e arbitrario ) che consente agli uomini di esercitare impuniti il loro potere all’interno del contesto familiare e sociale, negando alle donne il diritto di autodeterminare la loro vita e di liberarsi dai loro oppressori.

LA SORELLANZA È LA NOSTRA FORZA CONTRO L’INGIUSTIZIA DEI TRIBUNALI

SMASCHERIAMO L’IMPIANTO PATRIARCALE DI TUTTA LA CULTURA GIURIDICA

METTIAMO IN DISCUSSIONE OGNI SENTENZA CONTRO I DIRITTI DELLE DONNE E DELLE SOGGETTIVITA’ OPPRESSE

Toccherà a me ora? 

7 Novembre 2023

Siamo l’Osservatorio Nazionale di Non una di meno per il monitoraggio e il contrasto di Femminicidi, Lesbicidi, Transcidi, Infanticidi, Suicidi di stato e dell’odio sociale e Puttanocidi. Non facciamo gerarchie o classifiche tra le persone uccise dalla violenza di genere e da quella istituzionale o dell’odio sociale come purtroppo avviene nella narrazione dominante. Il corpo […]

20 novembre: giornata internazionale in ricordo delle persone trans uccise

20 Novembre 2022

Dal 1999 il 20 novembre è la giornata Giornata Internazionale in ricordo delle persone trans uccise, il TDOR (Trans Day of Remembrance).
Tra ottobre 2021 e settembre 2022, il Trans Murder Monitoring di TGEU riporta almeno 327 trans*cidi in tutto il mondo.
In Italia, l’Osservatorio di NUDM Ricorda le persone trans* uccise nel 2022, denuncia e esprime Resistenza, Resilienza, Rabbia, Riparazione, Rivolta e Rivoluzione in questa giornata.

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