NEL NOME DI GIULIA, PIERPAOLA, YERELIS E DI TUTTE L3 ALTR3

7 Giugno 2023

Più il femminicidio è efferato e più compare la lucida determinazione dell’uccisore che, spinto dall’odio misogino, dalla furia annientatrice, dal timore di essere abbandonato da una donna che considerava suo possesso o dalla volontà di eliminare una storia ormai diventata ingombrante, ha ucciso con freddezza, ha creato falsi indizi, ed infine ha consapevolmente tentato di far sparire il cadavere (mutilandolo, nel caso di Carol Maltesi; tentando di bruciarlo (nel caso di Giulia Tramontano) per cancellare ogni traccia dell’identità fisica della vittima,impedendo anche a tutt* coloro che hanno amato la donna uccisa di piangere su un corpo riconoscibile e creando nuovo dolore, nello strazio di una perdita assurda e crudele.

Molte volte nella narrazione di questi crimini i media parlano di follia, di raptus improvviso escludendo la feroce premeditazione,la consapevolezza delittuosa, i rapporti di prepotenza e dominio nella relazione, la disparità di potere. Ritengono estrane a ogni dimensione umana tanta crudeltà rivolta a compagne di vita che attendevano un figlio desiderato, come Giulia, che lasciavano figli come Carol, che esprimevano gioia di vivere e che non potevano certo aspettarsi da un uomo che avevano amato o amavano una fine così orribile.

Nel processo celebrato in questi giorni a Busto Arsizio, in provincia di Milano, contro DAVIDE FONTANA, assassino di Carol Maltesi, che l’ha uccisa, fatta a pezzi e conservata in un freezer per due mesi per poi gettarla in sacchi neri, è stata negata ogni attenuante al femminicida. Chiare sono le parole della psicopatologa forense – chiesta, come accade spessso, dalla difesa per attenuare le responsabilità dell’accusato – “La valutazione psicodiagnostica ha confermato l’assenza nell’esaminato di indicatori di natura psicopatologica, mettendo a fuoco risorse cognitive ed esecutive di buon livello e alcuni aspetti di fragilità personale che non è possibile negare, ma che non si inseriscono in un quadro di disturbo di personalità e che dunque non assumono valore di malattia né tantomeno di infermità mentale.”

QUINDI, si tratta di un assassino fornito di RISORSE PER UCCIDERE, DISFARSI DEL CORPO, SVIARE LE INDAGINI, CONTINUARE LA PROPRIA VITA DOPO AVERNE RECISO UN’ALTRA.

Sono esecuzioni premeditate quelle avvenute in questi ultimi giorni: quella di GIULIA, incinta di sette mesi, accoltellata dal suo compagno smascherato nella sua doppia vita; di PIERPAOLA, freddata nell’androne di casa da un collega con cui aveva avuto una relazione che lei aveva deciso di interrompere, e che si è suicidato subito dopo averla uccisa. Pierpaola aveva scoperto di avere un cancro al seno e il giorno della sua morte avrebbe dovuto iniziare la chemioterapia, ignara che un nemico peggiore del cancro avrebbe messo fine ai suoi giorni con un colpo di pistola.

C’è violenza patriarcale e furiosa premeditazione nel gesto del padre di 86 anni che uccide la figlia Marianna Formica, investendola con la sua auto dopo un litigio per motivi familiari.

Anche nel caso di Yrelis Natividad Santana, madre di tre figli, brutalmente assassinata da un giovane della buona società che si era presentato all’incontro armato di coltello con cui ha messo fine alla sua vita. A quest’ultimo femminicidio si è dato scarso rilievo mediatico, seguendo una logica classista, razzista e misogina come se la vita di Yrelis, latina, razzializzata e sex worker avesse meno valore di quella di altr3 uccis3. Come se esistessero femminicidi di serie A e di serie B e come se la maternità stessa fosse da esaltare o da non menzionare, a seconda di chi la incarna.

Nel femminicidio di GIULIA TRAMONTANO di cui i media si sono appropriati in una continua, sensazionalistica, narrazione, l’unica nota rilevante è la solidarietà che si è manifestata nell’incontro tra Giulia e A., l’altra donna che aveva una relazione con il femminicida ALESSANDRO IMPAGNATIELLO. Come emerge dalle parole di A., che ha incontrato Giulia poche ore prima del suo assassinio, “il nostro incontro è stato veramente cordiale… appena ci siamo viste, ci siamo abbracciate per solidarietà femminile, perché entrambe vittime di un bugiardo”. Sorellanza, non antagonismo, consapevolezza comune di essere vittime di un traditore che avevano invitato a chiarire, in presenza di entrambe, la propria posizione. E il senso di un pericolo comune, con l’offerta parte di A. a Giulia di dormire a casa sua, il suo rifiuto di far entrare in casa l’assassino, il timore per ciò che poteva essere accaduto a Giulia.

La “banalità del male” e l’assoluta mancanza di pentimento si esprime nelle dichiarazioni del femminicida “ho ucciso Giulia perché ero stressato per la gestione della doppia storia”. Come se questo potesse spiegare la montagna di inganni, il falso dna del figlio atteso per disconoscerne la paternità, gli ingannevoli sms a nome di Giulia, la spietatezza dell’uccisione, la ricerca in internet sui modi per far sparire il cadavere. Un individuo narcisista, manipolatore, disposto al crimine per liberare la sua miserabile esistenza da una storia che doveva finire con la soppressione della sua compagna incinta al settimo mese.

Dall’altra parte il dolore di quell3 che restano; gli appelli accorati della madre e della sorella attraverso i media quando ancora speravano in una fuga di Giulia, la disperazione di tutta la famiglia davanti alla confessione del femminicida che li haprivat3 di unafiglia, di una sorella, di un futuro nipote desiderato. E ancora, la disperazione senza conforto di Sabrina Fortis, la madre di Alessandro Impagnatiello, che chiede scusa per aver messo nel mondo un mostro, unica definizione che sa trovare per suo figlio.

Quanto dolore sconosciuto dietro ogni femminicidio, che non sarà mai illuminato dall’informazione perché non fa audience né profitto, quante persone la cui vita é stata spezzata, quante figli3 rimast3 orfan3, quanto dura l’esistenza per l3 sopravvissut3 e per chi dovrà prendersene cura. Quanto poco aiuto da parte di stato e governi che esaltano la maternità solo per contrastare il nostro diritto di scelta e di autodeterminazione, ma si voltano dall’altra parte davanti all3 figl3 che esistono.

L’Italia non ha più una Commissione d’inchiesta sui femminicidi, attiva dal 2017 fino all’insediamento del governo MELONI il 22 ottobre 2022. E proprio ora il governo utilizza l’emozione creata dal femminicidio di Giulia Tramontano per trasformare il feto in soggetto di diritto e negare l’autoderminazione delle donne. Il leader del family day e consulente antidroga per il governo Meloni, Massimo Gandolfini, dichiara che “l’essere umano è tale dal momento del concepimento, e come tale deve essere trattato”, e che “uccidere un essere umano – non importa se ha due o tre settimane di vita gestazionale – è sempre un omicidio”, rilanciando la proposta GASPARRI per un “disegno di legge che riconosca la personalità giuridica del concepito”.

USARE IL FEMMINICIDIO DI GIULIA TRAMONTANO PER ATTACCARE L’ABORTO È L’ENNESIMA VIOLENZA SUI NOSTRI CORPI!

CI VOGLIAMO VIV3 E LIBER3

BASTA CON I FEMMINICIDI E I TRANSICIDI, BASTA CON LA VIOLENZA DI GENERE! SORELLANZA DI LOTTA CONTRO IL PATRIACAL CAPITALISMO CHE SFRUTTA E UCCIDE!

COME OGNI 8 DEL MESE SCENDIAMO NELLE PIAZZE CON AMORE E RABBIA INNALZANDO UN URLO ANCORA PIÙ ALTO E FEROCE PER TUTT3 QUELL3 CHE PIÙ NON HANNO VOCE

Renata

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