La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha preso parola sulla violenza contro le donne

7 Dicembre 2022

Persona al Corteo del 25 novembre, con un cartello: "Tra 10 femminicidi è Natale"

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni il 22 e il 24 novembre ha preso parola sulla violenza contro le donne. Il 24 novembre, alla Commissione femminicidi ha sottolineato che:

“Questa è una di quelle materie su cui non c’è differenza, questa è una di quelle materie di cui tutti facciamo parte tutti della stessa squadra,[…] su questo non possono esserci distinzioni […] tra donne di partiti diversi e tra il punto di vista degli uomini e delle donne, è un problema di questa società, è un problema che noi sappiamo essere un problema prevalentemente culturale, un problema del quale vanno indagate le ragioni.”

Come donna, come madre, come figlia non posso non mandare un pensiero a tutte quelle donne che hanno perso la vita e che sono state oggetto e vittime di violenza. Dalle 18 di oggi e ringrazio il ministro Roccella perché l’iniziativa è stata sua, palazzo Chigi sarà illuminata di rosso, i nomi di 104 donne che sono vittime di violenza, che sono state uccise e quindi vittime di femminicidio nell’ultimo anno verranno proiettate sulla facciata di Palazzo Chigi.[…] 

104 donne […] i numeri sono freddi, ma dietro ognuno di quei nomi c’è una storia e a me piace guardare le storie. La storia che mi ha colpito di più […] è quella di Anastasiia Alashri, bellissima, occhi azzurri, capelli rossi, ucraina, 23 anni, era andata via dall’Ucraina per scappare dalla guerra, un figlio di 2 anni, si era rifugiata nelle Marche, a Fano, e mentre scappava da una guerra ne combatteva un’altra. E’ stata vittima di violenza da parte di suo marito, l’aveva denunciato, aveva avuto il coraggio di denunciarlo, era scattato il Codice rosso, lei era andata a vivere in un’altra casa, poi fa quello che può essere definite un errore, torna a casa per prendere quello che serviva a lei e a suo figlio di 2 anni, ovviamente litiga ancora con suo marito e viene uccisa con 3 coltellate, il suo corpo viene chiuso in una valigia e abbandonato nella campagna di Fano. Anastasia aveva avuto il coraggio di denunciare, molte donne non hanno neanche quel coraggio, no, non neanche, non hanno quel coraggio e questo è uno dei temi su cui noi possiamo intervenire perché le ragioni per le quali le donne non denunciano sono complesse.”

Il discorso di Giorgia Meloni all’inizio apparentemente condivisibile quando parla della violenza sulle donne come problema che riguarda la società intera, mostra subito l’impianto fortemente ideologico: la violenza e i femminicidi sono letti in chiave razzista e securitaria.

Fra le tante storie che hanno colpito la prima ministra cita quello di una donna ucraina, elogiandone l’aspetto fisico e giudicando velatamente il gesto di tornare a casa, solleticando compassione sul fatto che mentre fuggiva da una guerra ne combatteva un’altra più personale ed intima contro il marito. In altre parti del suo discorso Giorgia Meloni indica come fortemente impattante sulle violenze e sui femminicidi il tema dell’immigrazione. Precisamente afferma:

“Sappiamo anche che la questione è molto più ampia.[…] Gli stupri di guerra sono un’arma di possesso,[…] tornano prepotentemente a casa nostra, in Europa, in Ucraina, con tutto il portato che comporta per queste donne e complessivamente anche per noi. C’è il tema dell’immigrazione che ovviamente impatta per culture che a volte pretendono un po’ come il tema dell’omicidio d’onore,[…] ci sono in alcuni casi forme di violenza che vengono giustificate con la fede o con la cultura, anche questo è un tema che sta drammaticamente impattando nella nostra società, sul quale e con il quale bisogna saper fare i conti perché altrimenti non ha senso che noi si sia fatti sul piano della civiltà i passi che abbiamo fatto in tutti questi secoli, se poi dobbiamo a un certo punto  tornare indietro, se decidiamo di voltarci  da un’altra parte.”

Meloni trasmette l’idea, già sedimentata in maniera pregiudiziale  nell’immaginario pubblico, che stupratori e  uomini violenti sono solo gli stranieri. Da anni denunciamo il fatto che a compiere violenza siano uomini indipendentemente dal loro passaporto, dalla loro origine, dal loro colore, dalla razionalizzazione che subiscono. Quando Giorgia Meloni parla di violenza come problema culturale intende affermare che sia un problema che annida nelle altre culture, non in quella italiana a lei tanto cara, che tanto elogia.

Da tempo come movimento femminista denunciamo il fatto che la violenza sia un problema culturale, quando parliamo di violenza maschile non intendiamo dire che tutti gli uomini sono violenti, ma vogliamo denunciare che esiste un modello di mascolinità tossica che elogia il fare branco, la competizione, la forza fisica, il possesso, il sopruso come elementi costitutivi del soggetto maschile e della relazioni tra uomini e donne. Quando parliamo di violenza strutturale intendiamo  dire che nella divisione sociale dei ruoli per genere si annida il germe della violenza, della disparità.

Giorgia Meloni difendendo la triade “dio, patria, famiglia” non parla mai delle famiglie come luoghi anche di insicurezza, violenza, esercizio di potere, non nomina mai gli uomini violenti, gli stupratori, parla solo delle donne, di quello che le donne devono fare, degli aiuti che il governo può loro dare.

Il discorso della presidente del Consiglio nella parte in cui parla della “nostra” civiltà facendo intendere quanto sia superiore alle altre e dalle altre culture attaccata, mostra tutta la sua fragilità: il discorso suprematista crolla proprio sui dati che Meloni omette di citare: la stragrande maggioranza delle donne vittime di violenza e di femminicidio viene colpita da uomini italiani familiari, mariti, ex compagni, figli che non tollerano di essere lasciati, di svolgere lavoro di cura, di rispettare la scelta e l’autodeterminazione delle  donne con cui sono in relazione affettiva.

Basta guerre sui nostri corpi, contro discorsi familisti, razzisti, classisti costruiamo una società basata sul consenso. Oggi ricordiamo le donne uccise dalla violenza maschile, patriarcale e di genere nell’ultimo mese. Dal 9 novembre a oggi ci sono stati 17 femminicidi e un suicidio indotto.

Pronunciamo ad alta voce i nomi delle donne che non ci sono più, come gesto di denuncia, rabbia, giustizia, per fare del lutto collettivo un momento condiviso di lotta:

  • Il 13 novembre, Anastasiia Alashiri, ucraina, 23 anni, è stata uccisa a coltellate dal marito, 42 anni, ucraino, la donna lascia un bambino di 2 anni.
  • Sempre il 13 novembre, Dolores Fernanda Milani, 84 anni, è stata uccisa con arma da fuoco dal marito Ernesto Codegoni 84 anni italiano,
  • Il 15 novembre, Antonia Sacchet, 90 anni, è stata uccisa a coltellate da Aurelio Monestier, suo figlio di 56 anni
  • Il 16 novembre Paola Larocca, 55 anni, è stata accoltellata a morte dal marito Rodolfo Anastasio, italiano, 55 anni
  • Il 17 novembre Marta Castaño Torres, 65 anni, colombiana, è uccisa a coltellate da Giandavide De Pau, 51 anni, italiano, suo cliente. L’uomo uccide poi Yang Yun Xia, donna cinese di 45 anni e Li Yan Rong, 55 anni.
  • Il 18 novembre Alice Neri, 32 anni, italiana, viene bruciata da uno sconosciuto.
  • Il 20 novembre, Vera Myrtaj, di origine albanese, 37 anni, muore accoltellata dall’ex marito Viron Karabollaj, albanese, 40 anni.
  • Il 21 novembre Sofia, si toglie la vita a Napoli, a 13 anni
  • Il 22 novembre Florinda Cappelli, italiana, 67 anni viene uccisa dal figlio Antonio di Muccio, italiano, 44 anni, con arma da fuoco
  • Sempre il 22 novembre, Maria Prudenza Bellanova, viene uccisa a 82 anni. Si attende il risultato dell’autopsia
  • Il 24 novembre, Marina Mouritch, italiana, 53 anni viene accoltellata dal figlio Antonio Cometti, italiano, 25 anni
  • Il 27 novembre, Maria Bianchi, 84 anni, italiana, viene uccisa a forbiciate dal figlio Michele Quadraroli di 56 anni in provincia di Macerata.
  • Il primo dicembre, Mariel Soethe, tedesca, 70 anni, viene trovata morta nella casa dell’ex compagno. Si attende il risultato dell’autopsia
  • Sempre il primo dicembre, una donna di origine rumene di circa 40 anni viene uccisa a colpi di arma da fuoco in provincia di Catania. Non si conosce il nome dell’assassino.
  • E ancora lo stesso giorno, Waafa Chrakoua, donna di 51 anni di origine marocchine, viene uccisa a coltellate dal Bouchaib Sidki, 59 anni, a Milano.
  • Il 6 dicembre Cinzia Luison, italiana, 60 anni, viene uccisa a bottigliate in testa dal compagno, Walter Pitteri, 65 anni, in provincia di Padova.

Di fronte a tutte queste vite stroncate sale alta la nostra rabbia, alle superstiti, a chi vive situazioni di violenza diciamo sorella non sei sola, insieme siamo più forti, insieme siamo marea.

                                                                     

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