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Il femminicidio di Concetta Marruoco diventa un caso esemplificativo di come le leggi attuali sul contrasto alla violenza di genere siano completamente vuote quando non palesemente disattese. Senza alcuna remora dovremmo definirli femminicidio di Stato come negli altri casi in cui le persone vittime di violenza sono rimaste intrappolate nelle maglie burocratiche della giustizia senza avere alcuna protezione.
Il mantra sulla violenza di genere è attenersi alla Convenzione di Istanbul e la legislatura attuale in merito alla “prevenzione e contrasto alla violenza di genere” ci rimanda al Dl 62 /2019 codice rosso e al dl 122/2023 codice rosso rafforzato a firma Nordio/ Roccella/ Piantedosi composto da un solo articolo che integra il precedente decreto ma di fatto l’impianto decade nella realtà.
Se una donna su 7 nel 2017/2018 è stata uccisa per femminicidio dopo aver denunciato, il 15% di questi delitti si possono ritenere femminicidi di stato. Ci chiediamo come mai, avendo attivato i canali suddetti, il codice rosso, l’ultima integrazione che riguarda l’iter immediato del giudice di raccogliere le informazioni e avviare subito la procedura dopo tre giorni, il tempo di denuncia allungato fino a 12 mesi dai fatti e il dispositivo “braccialetto” elettronico siamo ad una media di 120/140 femminicidio l’anno.
Nei 4 casi di femminicidio avvenuti nelle Marche nel 2023, due avevano già fatto una denuncia e l’ultima, Concetta Marruocco, aveva attivato tutto l’iter previsto. Abbiamo ripercorso a ritroso le tappe degli ultimi mesi cercando di fare luce sui vuoti che sono il nesso con la violenza di stato patriarcale.
Concetta Marruoco, dopo circa 20 anni di umiliazioni e violenza fisica domestica, denuncia il suo ex e da questo momento entrano in gioco tutti i soggetti istituzionali che dovrebbero tutelarla nel percorso di fuoriuscita. Ma per lei inizia il conto alla rovescia di sette mesi che terminerà con la sua morte.
Concetta è infermiera in un ospedale a Matelica (MC). Il sindacato si attiva per conservarle il posto di lavoro (diversi contratti nazionali di lavoro tutelano chi subisce violenza domestica), costrettə com’è dalle percosse subite prima, dall’accoglienza in casa rifugio poi, a fare diverse assenze. È il sindacato ad incoraggiare Concetta a rivolgersi alle istituzioni per uscire dalla violenza domestica.
Concetta fa tutti i passaggi del DL 69/2019 e si attiva il codice rosso. Una volta effettuata la denuncia vengono attivati comune e servizi sociali, che affiancano Concetta ed il minore che ha a carico. Lo sportello antiviolenza Artemisia di Fabriano che era stato precedentemente attivato dal sindacato presso il quale era iscritta Concetta, la prende in carico e la segue legalmente per 5 mesi.
Sarà inserita in un programma di protezione in una casa rifugio, mentre si avvia l’iter per violenza domestica e viene allontanato l’abuser. Il 21 agosto, con tutti i canali attivati, rientra nel suo domicilio, sicura di essere protetta. Da lì a poco ci sarà la prima udienza: https://www.corriere.it/cronache/23_ottobre_18/sorella-concetta-marruocco-uccisa-marito-82de46ec-6d27-11ee-8916-b147ab1385f6.shtml
Si arriva al 13 settembre, quando all’ex marito viene posto il braccialetto elettronico che avrebbe dovuto essere un deterrente ad un avvicinamento pericoloso per l’incolumità della persona lesa, stabilito in 200 metri. Il braccialetto viene assicurato anche a Concetta e al loro figlio minore che abita con lei, anche lui vittima della violenza dell’uomo.
Ma il braccialetto elettronico non funziona come dovrebbe. Il malfunzionamento viene più volte segnalato alle forze dell’ordine da Concetta, dai suoi parenti, dal figlio minore, dallo sportello antiviolenza di Fabriano e, paradossalmente, addirittura dal violento. Le segnalazioni cadono nel vuoto. Più volte l’abuser riesce a stalkerare Concetta senza che nessuno intervenga. Ed è qui che non si capisce perché il giudice non sia intervenuto immediatamente per far rispettare gli obblighi di legge e per sostituire il dispositivo.
Concetta rimane in balia degli eventi, nonostante l’ex palesi anche sui social l’astio verso di lei, nonostante lo esternasse a tutti i suoi amici. Chi era istituzionalmente legittimato e obbligato ad intervenire non fa assolutamente nulla. 25 giorni dopo Concetta viene uccisa con 40 coltellate. Le forze dell’ordine si presentano quando ormai non c’è più nulla da fare per Concetta.
“Un femminicidio annunciato” si dirà a caldo nelle ore successive, il sindaco e i servizi sociali parleranno di una situazione familiare nota da tempo in cui si è fatto tutto il possibile. Ma la denuncia viene dallo sportello antiviolenza che l’aveva in carico, parole pesanti come macigni che testimoniano che il femminicidio di Concetta poteva essere gestito in maniera diversa se solo si fossero intraprese le azioni di protezione verso la donna e si fossero ascoltate le segnalazioni ripetute fatte nel periodo precedente il suo assassinio. Concetta ha creduto nelle istituzioni ma è stata tradita lasciando il fardello più grande all’associazione anti violenza che l’ha sostenuta fino alla fine.
Si è discusso tanto del braccialetto elettronico come se fosse il nodo del problema invece di guardare tutto l’impianto che Concetta aveva attivato e che è stato mancante. Così come tutte le persone vittime di violenza, Concetta non voleva essere vittima ma sopravvissuta, e ha combattuto per avere una vita. Ha attivato tutti i canali che poteva, si è attenuta a tutti gli step, passo dopo passo, ma è tornata al punto di partenza con l’abuser sempre alle spalle, che continuava a girare tranquillamente intorno a casa sua sapendo che il sistema lo avrebbe legittimato. È questo che si dimentica: Concetta non è stata creduta nella sua paura di essere uccisa. Il caso assomiglia purtroppo a tanti altri casi di femminicidio. Il copione è lo stesso: dai servizi sociali ai tribunali per passare alla polizia si incontra una filiera immobile davanti alla violenza di genere.
Le donne non vengono credute.
Il braccialetto elettronico è stato introdotto nel 2005 ma non vi è un report sulla sua efficacia né sulla copertura di rete. Dal 2019, con la legge 69/2019 ovvero il codice rosso, viene utilizzato per i reati di violenza di genere. L’appalto statale dato a Fastweb dovrebbe garantirne l’efficienza. I casi di malfunzionamento che mettono in pericolo le persone coinvolte, sono stati registrati in diverse regioni.
Un anno fa c’è stata un’ interrogazione parlamentare per sapere quanti erano i dispositivi attualmente attivi e verificarne la loro efficienza in termini di prevenzione. Non è stata data alcuna risposta. Non vi è nessuna relazione in merito.
Il 30 settembre entra in vigore il testo sul codice rosso rafforzato (dl 192) che conferma il braccialetto elettronico quasi fosse la soluzione alla violenza di genere. Neanche una decina di giorni dopo questa fiducia fatua viene da più parti smentita.
Di seguito alcuni casi in cui non ha funzionato il braccialetto elettronico:
- https://laragione.eu/litalia-de-la-ragione/cronaca/braccialetti-elettronici/
- https://www.frosinonetoday.it/cronaca/braccialetto-elettronico-droga-arrestato.html
- https://lespresso.it/c/attualita/2023/5/9/violenza-sulle-donne-i-braccialetti-anti-stalking-sono-una-soluzione-ma-i-giudici-la-ignorano/2953
- https://livesicilia.it/braccialetto-elettronico-decreto-sicurezza/
- https://www.ilrestodelcarlino.it/cronaca/braccialetto-elettronico-come-funziona-jvnqx9jh
Il dispositivo non va. Ma anche se funzionasse bene non c’è dispositivo che tenga se tutto l’impianto è patriarcale. Scaricare sulle donne il manuale delle tappe della denuncia della violenza significa fare splaining e addossargliene la responsabilità.
Chi ha cercato disperatamente come una corsa contro il tempo di sventare ciò che è accaduto il 14 ottobre sono stati i familiari, la sorella, lo sportello antiviolenza, lo stesso vicinato che ha cercato di presidiare la sua abitazione segnalando ogni volta che l’abuser era sotto casa.
Concetta Marruocco è una vittima dello Stato e a proteggerla si è attivata la comunità intorno a lei. Doveva essere salvata.Il vuoto delle istituzioni è riconducibile a quelle denunciate nel “violador en tu camino”: lo Stato, i giudici, le forze dell’ordine.
Y la culpa no es la mía.
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