Liberiamo nodi, tessiamo trame

14 Aprile 2025

Plenaria dell'assemblea nazionale di Non Una di Meno a Genova

Intervento all’Assemblea Nazionale di Non Una di Meno a Genova, 12-13 aprile 2025

Audre Lorde in «Poetry Is Not a Luxury» diceva:

«La poesia non è un lusso. È una necessità, vitale per la nostra esistenza. Forma la qualità della luce tramite cui esprimiamo le nostre speranze e i nostri sogni diretti alla sopravvivenza e al cambiamento, che diventano dapprima linguaggio, poi idee, poi azioni tangibili. I nostri sogni puntano verso la via della libertà. Le nostre poesie ci hanno dato la forza e il coraggio di vedere, di sentire, di parlare, di osare. Se ciò che abbiamo bisogno di sognare, lo consideriamo un lusso allora abbiamo rinunciato al futuro dei nostri mondi»

Nei momenti di confronto sovente discutiamo di cosa generi e di come si generi la violenza che viviamo e di quali strumenti pensiamo possano essere utili a contrastarla. Vogliamo portare a questa assemblea alcuni timori e riflessioni, nell’idea e nella fiducia che sapremo affrontarli. 

Come rete abbiamo alle spalle quasi dieci anni di lotta e dobbiamo riconoscerci l’enorme percorso fatto insieme. Molte cose sono diverse da allora così come lo siamo noi e la nostra consapevolezza collettiva e personale. Dal Covid in avanti il quotidiano,già opprimente, è diventato un rutilante susseguirsi di fatti pericolosi e gravi, di narrazioni manipolate che hanno occupato ogni nostra energia dandoci, a volte, un enorme senso di impotenza.

Le guerre, il genocidio in Palestina, la crisi climatica e la devastazione ambientale, l’odio razziale, i CPR, la distruzione della sanità, della scuola, dello stato sociale, la militarizzazione delle vite e del linguaggio,la repressione violenta e incondizionata,la morte dell’informazione, l’impoverimento delle famiglie, gli attacchi sempre più forti alla comunità trans e non binaria e soprattutto all’infanzia, trans e cis, lo sfruttamento dei corpi tutti  e della terra per estrarne  profitti, tutte forme di quella violenza patriarcale che ha nella politica istituzionale la sua perfetta e continua espressione.

I femminicidi sono costanti mentre gli omicidi continuano a decrescere, la violenza domestica è vorticosamente in aumento come lo è la violenza su e fra persone piccole e molto giovani.

Ma è sempre la narrazione mainstream a decidere quali e quante violenze hanno diritto di attenzione. Un’attenzione morbosa, rivittimizzante, razzista, ageista, transodiante, classista e abilista. E no, non sono parole messe in fila per correttezza politica vuota e borghese. Sono le nostre vite, è il nostro diritto e desiderio di vederle riconosciute almeno da chi abbiamo vicin3 nella vita, nella lotta e nella liberazione dalle oppressioni.

Sappiamo bene su chi si riversa prima e di più tutta questa violenza. Lo sappiamo e non siamo sol3 a vederlo. In questo clima da fine del mondo c’è un mondo che effettivamente deve finire e lo sa e, per questo, resiste con ogni mezzo e ferocia: è il mondo della violenza patriarcale e capitalista che pretende di possedere e usare tutto ciò che esiste ed sterminare tutto ciò che gli sfugge.

Correndo affannosamente dietro alle impellenze (seppure vere e legittime) di una agenda di atrocità ed emergenze dettato da altri,rischiamo di non avere il tempo e il modo di costruire  il riconoscimento e l’empatia  solidale fra oppress3, la cura, le strategie, le pratiche quotidiane, la politica, che servono per costruire e affermare le alternative, per farlo insieme con quell’intelligenza collettiva che ci sostiene e che è consapevole che il nostro lavoro politico quotidiano deve muoversi, attraversare e farsi attraversare  da tutto quanto è molto oltre le nostre bolle ma si nutre di un obiettivo comune, la poesia per tutt3.

Insieme avevamo scritto un piano! Un piano che forse i tanti nodi territoriali che sono “nati” in periodi recenti non hanno avuto modo di conoscere. Lo avevamo costruito insieme e quella costruzione era stata la pratica fondante della visione che ci ha nutrito a lungo, ora forse abbiamo bisogno di riginerarci verso un nuovo piano e nuove pratiche adatte al tempo che viviamo senza lasciare indietro nessun3.  

Sentiamo il bisogno di parlare insieme di come si faccia resistenza alla militarizzazione dell’esistenza in maniera transfemminista e non mac(h)ista. Di come prenderci cura delle oppressioni multiple che viviamo e di come farlo praticamente, nel medio e lungo termine. Di cosa significhi nelle pratiche (nel vissuto quotidiano?)costruire una visione che politica transfemminista e intersezionale che rendano la vita quotidiana più sostenibile per le molte persone, anche fra noi, per la quale non lo è, in un momento storico nel quale i fascismi si sono ampiamente affermati dimostrandoci che ciò che non abbiamo accettato che stesse accadendo, è già accaduto. 

Reimparare ad aspettarci, a rispettare tempi e priorità delle persone, delle assemblee, delle città, della rete, dell’autonomia e delle diversità senza appiattirle, tentare omogeneizzazioni, marginalizzare, separarsi. 

Darci il tempo di accogliere e crescere con chi nella nostra rete arriva o chi arriverebbe ma non sa correre o non può o non vuole ma anche di chi non riesce più ad aspettare. Ad usare gli strumenti che abbiamo e portiamo avanti con impegno e costanza, come l’osservatorio, perchè le persone che si danno il tempo di analizzare, riflettere, trovare parole, comunicare sono già pratica di cambiamento. Concediamoci di sbagliare, di cambiare idea, di aspettare e di discutere ancora, siamo rivoluzionari3! Così da diventare rivoluzione.

Non diventiamo le parole della guerra e della rabbia che ci rovesciano addosso.

Non spostiamo la rabbia nelle nostre relazioni politiche perché frustrat3 dall’impotenza di un esterno che sembra immutabile, resistere a questo vuol dire già costruire alternative! Inventiamo nuove pratiche ma lasciamo anche spazio a nuove pratiche di altr3. Sempre Audre Lorde diceva che “non si smantella la casa del padrone con gli attrezzi del padrone”. 

Gli attrezzi del transfemminismo che desideriamo e che possiamo costruire  insieme sono la cura, l’analisi, la rete, l’antiperformativismo come risposta alla performatività patriarcale, il non giudizio fra oppress3, l’ascolto attivo, il partire da sé, la e le culture, il riconoscimento di pensieri altri, il riconoscimento della legittimità del desiderio, del piacere, la poesia, l’ironia, l’allegria, l’artivismo, le mille pratiche di mutuo aiuto concrete e legate alle vite e ai territori che viviamo, la rinuncia alle bandiere, alle parole d’ordine, alla guerra. 

Riprendiamo in mano i nostri strumenti, inventiamone altri mille. Cospiriamo. Facciamo un nuovo piano.

Non abbiamo nessuna intenzione di lasciarci  sopraffare dalla volontà di appropriazione di tutto e tutt3  dell’estrema destra che sfrutta e alimenta il dilagante qualunquismo. Il loro attacco all’esistenza non sarà mai abbastanza feroce da fermare la marea che nasce dalla consapevolezza e dalla pratica.

Ricordate? Se cado io ci sei tu, se cadi tu ci saranno altr3 ci dicevamo,

con tutta la nostra rabbia, la nostra gioia, la nostra poesia, 

non per noi sol3, non solo per noi. Per tutt3, tutto.

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