Patriarcato

L’introduzione del sostantivo «patriarcato» si deve al movimento femminista degli anni Settanta

Prima il termine «patriarcato» non aveva un senso esplicito e, soprattutto, non un senso esplicitamente politico. Non è il caso di stupirsene: fa parte della natura del patriarcato — come di ogni sistema di oppressione — negarsi in quanto tale. Le femministe, dunque, in un certo senso hanno inventato questo termine, nell’accezione e soprattutto nella funzione che gli attribuiscono.

Il patriarcato è la struttura sociale che si basa sul binarismo di genere, la netta bipartizione fra le caratteristiche associate alle donne e quelle associate agli uomini e sul ruolo associato a queste caratteristiche. La cultura patriarcale perciò ha sempre giustificato con l’inferiorità fisica e intellettuale delle donne la loro esclusione dalla vita sociale, politica, lavorativa, relegandole ai compiti di cura e assistenza dell’uomo e dei figli; al contempo ha effettivamente posto le donne in una condizione di inferiorità negando loro l’accesso alla stessa istruzione spettante agli uomini e ostacolando la loro formazione intellettuale perché non si realizzassero come individui.

Il binarismo di genere si mantiene attraverso la costruzione di immagini stereotipate di caratteristiche e ruoli maschili e femminili, che vengono interiorizzate dalla società, la quale fa pressioni sugli individui perché si conformino a queste caratteristiche

Il femminismo, di conseguenza, lotta per estirpare gli stereotipi di genere, che ingabbiano gli individui in due identità preimpostate, privandoli della possibilità di scegliere cosa vogliono essere, di realizzarsi autonomamente e liberamente