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Vogliamo contarci viv3
25 Novembre 2021
Apre oggi, 25 novembre 2021, il sito www.osservatorionazionale.nonunadimeno.net
Non Una Di Meno da oltre due anni ha iniziato un lavoro di monitoraggio dal basso degli eventi, riportati dai media, che possono essere qualificati come femminicidi, lesbicidi e trans*cidi. Eventi cioè in cui l’uccisione di una persona avviene per motivi riconducibili a relazioni di potere e violenza patriarcale di genere.
Nei casi che abbiamo esaminato sono in assoluta prevalenza uomini le persone che hanno assassinato proprio perché la cultura del possesso, dell’oppressione e della volontà di sottomissione sono la radice su cui si fonda il sistema patriarcale in cui viviamo. Nel 2021, si tratta di 104 femminicidi e 4 trans*cidi (fino al 20 novembre). Tra questi anche 5 casi di suicidio (3 donne, 2 persone trans*) consapevolmente inclusi, perché indotti da violenza patriarcale e omolesbobitrans*fobica.
In Italia esistono osservatori istituzionali, pagine online di media e associazioni che si occupano di violenza di genere e violenza sulle donne e, in particolare, di omicidi di donne e femminicidi.
Per l’approccio femminista e transfemminista, che caratterizza NUDM (Non Una Di Meno), è stato ed è importante includere nell’Osservatorio non solo i femminicidi ma anche tutti i casi che riguardano persone trans* e libere soggettività che sono oggetto della medesima violenza patriarcale.
In varie città d’Italia i nodi territoriali e trans-territoriali di NUDM adottano pratiche di riappropriazione degli spazi a ricordo delle persone uccise con simboli, matrioske, pañuelos o altro, che mostrano non solo il numero crescente di casi ma anche le storie di queste persone.
Nel corso del 2021 il Tavolo “Violenza di Genere” di NUDM ha discusso della necessità di strutturare in modo anche quantitativo le informazioni raccolte dall’Osservatorio. L’attenzione non è solo sui numeri ma su quello che rappresentano, sul tipo di narrazione mediatica prevalente nei media tradizionali e sui social network, sull’accompagnamento delle famiglie in alcuni casi giudiziari – con il consenso delle famiglie stesse.
Pur senza voler fissare criteri statici, il monitoraggio dal basso si muove da alcuni punti di partenza. Non tutti gli omicidi volontari in cui la vittima è donna sono necessariamente femminicidi. Persone trans* e di genere non conforme possono essere vittime di violenza di genere e vittime di femminicidio/trans*cidio. Persone lesbiche possono essere vittime di lesbicidio.
La raccolta di informazioni più dettagliate fornisce, oltre al numero, strumenti di comprensione e di lotta contro queste forme estreme di violenza. Nell’Osservatorio si trovano ad esempio elementi sulla condizione personale e familiare delle vittime, sulle cause di morte e sull’uso di armi da fuoco, sull’interrelazione tra genere, età, nazionalità e salute, sulle condizioni di salute e benessere fisico e/o mentale delle persone uccise e delle persone colpevoli o presunte tali, riflettendo così anche sulla mancanza di sistemi di cura e assistenza adeguati.
Tante sono le variabili da monitorare e che sono state discusse da NUDM in momenti collettivi. Non per tutte le variabili di interesse l’informazione è facilmente recuperabile dagli articoli che riportano la notizia come, ad esempio, l’occupazione dell’omicida, la presenza di figlə minorə rimastə orfanə, casi di segnalazioni, denunce e anche condanne per precedenti di stalking, violenza, persecuzione, oppressione.
Nel 2021 i femminicidi e i trans*cidi registrati dall’Osservatorio fino a ora sono 104 e 4. Tra questi 5 sono anche casi di suicidio (3 donne, 2 persone trans*) che abbiamo consapevolmente incluso perché indotti dalla stessa matrice di violenza patriarcale di genere. Ci sono poi almeno altre 3 donne scomparse, il cui corpo non è stato ancora trovato e per cui ci sono indagini in corso per sospetto omicidio o suicidio. Infine ci sono almeno altre 8 persone – 5 figlə (di cui quattro minori di 10 anni), 1 padre e due vicini di casa – presenti e uccisi insieme alle madri o mogli/compagne, “effetti collaterali” della violenza patriarcale e di genere.
Nella pagina dell’Osservatorio si trovano mappe e grafici che indicano le percentuali di casi per regioni e province, la razzializzazione delle persone uccise, la loro età. L’età media è di circa 53 anni: la vittima più giovane del 2021 aveva 1 anno e mezzo, la più anziana 92.
In almeno 7 casi c’è stata violenza o stupro prima dell’uccisione. In almeno 14 casi c’erano state denunce o segnalazioni per violenza o persecuzione nei mesi precedenti. Almeno 3 persone uccise erano sex worker.
Almeno 11 figlə minori erano presenti durante il femminicidio e 35 figlə minori sono rimastə orfani in seguito al femminicidio della madre.
Il colpevole o presunto tale ha un’età media di 51 anni. Il più giovane aveva 16 anni al momento del delitto, i due più anziani 88 anni. 27 di loro si sono suicidati subito dopo aver ucciso o nelle prime settimane di carcere. Altri 13 hanno tentato il suicidio.
In almeno 12 casi si tratta di persone che già avevano precedenti penali connessi a violenze, persecuzione, stalking, abusi nei confronti delle loro attuali e passate compagne, mogli, madri.
Nella quasi totalità dei casi, l’assassino era una persona conosciuta dalla donna o dalla persona trans* uccisa: il partner attuale (46%) o l’ex partner (15%), da cui la persona uccisa si era separata o aveva espresso l’intenzione di farlo. Tra i colpevoli o presunti tali ci sono anche figli, padri, suoceri, generi, amici, vicini di casa e anche un sicario del marito.
Nel 44% dei casi, le donne e persone trans* uccise sono morte a causa delle coltellate ricevute – spesso ripetute e su tutto il corpo. Nel 20% sono state uccise con colpi di arma da fuoco. Un 10% è stata colpita alla testa e sul corpo con altri oggetti e corpi contundenti. Tra le altre cause di morte, ci sono anche soffocamento mentre la vittima dormiva, martellate, colpi di accetta, colpi di fiocina, strangolamento, percosse, avvelenamento, morte per asfissia del fumo del proprio corpo dato alle fiamme.
Secondo quanto potuto ricostruire anche attraverso il lavoro dell’Osservatorio OPAL di Brescia, in almeno 13 casi su 20 l’arma da fuoco che ha sparato era legalmente detenuta. In almeno 7 casi, erano armi in possesso di guardie giurate, forze dell’ordine, militari in funzione o in pensione.
L’Osservatorio conta chi non c’è più e porta alla luce correlazioni significative.
Lo facciamo perché è importante che ci sia uno spazio dove il fenomeno sistemico della violenza di genere e il suo punto d’arrivo finale e non reversibile venga letto con una lente transfemminista.
Ma vogliamo contarci vivə.